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TERREMOTO» GLI ESPERTI
Sono stati anche i cosiddetti “vulcani di sabbia” a provocare il cedimento di molte abitazioni in seguito ai terremoti che si stanno susseguendo dal 20 maggio nella Bassa modenese e nel Ferrarese.
«È un fenomeno dovuto alla liquefazione della sabbia che avviene nel sottosuolo, sotto la spinta di una fortissima pressione», ha spiegato la ricercatrice dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) Paola Montone, appena rientrata da una prima campagna di rilievi nelle zone colpite dal sisma del 20 maggio, quello con epicentro Fruttarola di Massa Finalese.
Montone ha spiegato che i vulcani di sabbia si formano «soltanto in condizioni molto particolari. Avvengono quando nel sottosuolo, anche a pochissima profondità, si trovano strati di sabbia e argilla, come accade nella Pianura Padana». Anche a profondità di un metro o un metro e mezzo la sabbia, sottoposta ad una pressione molto forte, può passare dallo stato solido e compatto allo stato liquido. Questo accade, ha spiegato la ricercatrice, perché l’acqua imprigionata nei pori dei grani di sabbia non è comprimibile e in risposta alla forte pressione la sabbia si trasforma in una sorta di fluido (o liquido pesante) e sale in superficie, formando i vulcani. È per questo, ha proseguito, che nelle zone del Ferrarese del Modenese colpite dal terremoto è facile vedere successioni di piccoli vulcani, ognuno dei quali delle dimensioni di decine di centimetri, allineati in corrispondenza di fratture lunghe anche fino a cinquecento metri.
«È un fenomeno molto esteso – ha rilevato – e che costituisce un pericolo per le case»: nel momento in cui la sabbia sale in superficie il terreno cede. I vulcani di sabbia non sono una caratteristica presente solo nella Pianura Padana. Sono stati osservati per esempio nel terremoto de L’Aquila del 2009, in Sicilia, in Calabria e sono stati documentati anche in Puglia, nel terremoto che ha colpito il Gargano nel 1627. I richiami storici non si fermano qui. «Le cronache del 1570 riportano di un terremoto che nella Bassa modenese è durato mesi, o meglio anni. Con la dovuta cautela e con l’interpretazione delle fonti, il quadro che ci possiamo trovare di fronte è quello di un evento che ripeterà probabilmente quello che è successo in passato». Così Stefano Gresta, presidente dell’Ingv: «Gli aspetti positivi sono che le caratteristiche della località sono quelle di una zona dove la magnitudo in passato massima è arrivata intorno ai 6 gradi, quindi non dovremmo aspettarci terremoti più forti in futuro». Un altro aspetto positivo riguarda gli edifici «la maggior parte delle costruzioni per l’edilizia abitativa ha subito solo leggeri danni». Gresta conclude ricordando che «sarà una sequenza sismica lunga con delle repliche, che non sappiamo quando potranno avvenire, con scosse confrontabili anche con quella principale».
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