Blog — 06 Gennaio 2007

MARCO GUZZI
Anche Saddam, un vero carnefice, in quel video era una vittima.
Il grande passaggio di umanità che stiamo vivendo implica di stare sempre dalla parte delle vittime, e di non fare più degli stessi carnefici nuove vittime.
Non contrastare il male con altro male.
Non odiare e uccidere chi ci combatte e odia.
Non demonizzare, non escludere.
Siamo pronti per questo?
Siamo pronti a non uccidere, magari solo nel nostro cuore, chi ci ferisce? a non tagliare fuori dalla nostra vita chi ci fa del male?
Gandhi diceva che chi si rifiuta di uccidere sul serio, deve essere pronto a farsi uccidere.
Siamo pronti a questo? siamo pronti per una umanità non più bellica, che non ha più bisogno di capri espiatori?
Io credo che questo tempo sia giunto.
Costruiamolo dunque, dentro e fuori di noi, con le parole inesauribili della dolcezza e del perdono.

IDA DOMINIJANNI
Un gioco da bambini (IL Manifesto, 6 gennaio 2007)
Sergio Pelico aveva dieci anni, abitava a Houston in Texas con la sua famiglia e lo scorso weekend aveva visto in tv le immagini dell’impiccagione di Saddam. Domenica è stato trovato morto, appeso a un letto a castello con uno slip attorno al collo a mo’ di cappio; ha fatto tutto da solo mentre i genitori erano nel tinello. Mubashar Ali aveva nove anni, abitava nel distretto di Rahim Yar Khan in Pakistan con la sua famiglia e lo scorso weekend aveva visto in tv le immagini dell’impiccagione di Saddam. Domenica è stato trovato morto, appeso al soffitto con un pezzo di stoffa attorno al collo a mo’ di cappio; l’ha aiutato la sorella, dieci anni, mentre i genitori erano nel tinello.
Stessa età, stessa scena, stessa sequenza, stesso mondo globale alla faccia dello scontro di civiltà: la forca e la tv sono transculturali e funzionano nel Texas occidentale e cristiano quanto nel Pakistan orientale e islamico. Solo che in Pakistan la polizia se la prende con la negligenza dei genitori, in Texas lo psicologo di turno se la prende con l’effetto imitativo della televisione. E nessuno dei due con l’evento in sé e per sé, che invece è innocente, neutrale e spettacolare come ormai ogni evento che capita.
Interrogato dal piccolo Sergio sul perché di quella forca, uno zio gli aveva spiegato che Saddam era un uomo cattivo, con ciò ritenendo esauriti i suoi compiti pedagogici. Un altro zio non capisce come sia potuta finire così: «Non credo che pensasse che quello che stava vedendo in tv fosse vero». Tanto siamo abituati a goderci la fiction e i reality-show, da non percepire più la differenza che fa quando non è la fiction a esserci somministrata come fosse realtà, bensì la realtà a esserci somministrata come fosse fiction. Un bambino invece lo percepisce. Il piccolo Sergio doveva essersene accorto, che non stava guardando l’Isola dei famosi ma una impiccagione in diretta, e che se quel cappio funzionava in tv doveva funzionare anche nella sua stanza. E’ stato l’evento, non la sua rappresentazione, ad autorizzarlo a rifarlo. Forse dovremmo smettere di fare tutti come Alice nel paese delle meraviglie, che per non vedere la realtà chiedeva agli specchi di riflettere un attimo prima di rifletterla.

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