Blog — 29 Dicembre 2013
REPETITA IUVANT
Trivellazioni e terremoti: in Irpinia è un disastro annunciato, fermiamoli! VIDEO

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IRPINIA – Ci eravamo occupati, non senza forti contestazioni, della strettissima correlazione tra eventi sismici e trivellazioni. Avevamo anche precisato che c’erano zone dell’Italia in cui sono in corso sciami sismici: una di queste zone è proprio quella irpina che è stata già duramente colpita nel 1980 da un terremoto di magnitudo 6.8 della scala Richter. Proprio questa zona è ripetutamente colpita da sciami sismici in corrispondenza di una faglia nota da diverso tempo: la Benevento-Buonalbergo la cui geografia non è ancora stata definita con certezza e che ha visto il susseguirsi di scosse telluriche di notevole intensità. Oggi questo territorio ospita dei progetti sperimentali per l’estrazione petrolifera.

Se il terremoto del 1980 fece oltre 3 mila morti, quello di Napoli del 1984 causò una paura non inferiore, ma da cosa fu causato? Molti non sanno è che proprio dall’82 all’84 fu autorizzata la costruzione di ben 14 pozzi per lo sfruttamento dell’energia geotermica nel napoletano e nel casertano. Questi pozzi furono realizzati dall’AGIP e tutt’oggi sono improduttivi pur raggiungendo una profondità di circa 2600 metri.

FLUIDI PERFORANTI “SECRETATI” – I problemi legati alle trivellazioni sono davvero infiniti: oltre al rischio sismico abbiamo un problema irrisolvibile di inquinamento che parte già da quando il pozzo viene costruito. I fluidi ed i fanghi perforanti sono altamente corrosivi, ma la loro composizione è coperta da segreto industriale. Avvalendoci quindi del beneficio del dubbio, cominciamo a pensare non solo che la composizione debba essere resa nota in una zona come la penisola italiana ricca di falde acquifere, ma anche che se si tratta di una composizione non pericolosa, questa non avrebbe motivo di essere secretata. Nonostante il segreto industriale possiamo annoverare alcune di queste sostanze e si tratta di bario, cromo, benzene, toluene, mercurio, metalli pesanti e molte altre sostanze tossiche che di certo non vorremmo trovare nei rubinetti di casa.

394887 4627037391732 28011047 nIn Basilicata si trivella da oltre 15 anni e l’uso delle acque per scopi alimentari è stato vietato in quanto queste composizioni perforanti hanno finito poi per confluire nelle falde acquifere.

QUALITA’ DEL PETROLIO – Il petrolio irpino non solo è scarso a livello quantitativo, ma anche “pessimo” a livello qualitativo, esattamente come quello dell’Abruzzo e come quello pugliese. La quantità di petrolio presente nel sottosuolo irpino non consente un approvvigionamento energetico superiore ai 13 mesi. Inoltre a fronte di uno scarso rendimento, le compagnie (o gli italiani?) dovrebbero anche finanziare i costi di manutenzione dei tubi costantemente corrosi dallo zolfo. La corrosione dei tubi delle raffinerie è una delle ragioni più diffuse dei disastri ambientali nel mondo.

IL RISCHIO SISMICO – Sebbene studiosi, fisici, scienziati si siano da sempre premurati di sottolineare come le trivellazioni possano causare eventi sismici anche di grande portata, nessuno ha mai ascoltato la loro voce. Anzi si è preferito piuttosto gridare all’allarmismo e al sensazionalismo quando qualche giornalista decideva di interessarsi alla vicenda. Sarebbe assurdo pensare che creando un pozzo profondo oltre 3000 m e volto all’estrazione l’estrazione di gas o di petrolio non possa esserci alcuna conseguenza.

Immaginiamo di estrarre oltre 10 milioni di metri cubi di petrolio dal sottosuolo. Sapendo che ad ogni azione corrisponde una reazione come possiamo pensare che la crosta terrestre non subisca delle conseguenze? Il materiale che si trova infatti in profondità costituisce un sostegno per ciò che si trova negli strati superiori. Ciò vuol dire che i cambiamenti di pressione sono importantissimi per le conseguenze idrogeologiche di un determinato territorio interessato da trivellazioni.

Il rischio sismico in campania è già alto di per sè. Gli sciami sismici talvolta sono strettamente correlati all’attività vulcanica. Napoli ospita ben due poli vulcanici e quindi, lo studio costante e rapido dei segnali riportati dalle strumentazioni che registrano le scosse sismiche dovrebbe essere attentamente vagliato. Ma con sommo stupore abbiamo poi scoperto che l’osservatorio vesuviano vaglia attraverso una commissione le scosse sismiche registrate per via strumentale ed è giusto che sia così. Il problema e che lo fa anche a distanza di tempo, tant’è che nel luglio 2012 ci siamo ritrovati a chiedere spiegazioni di alcune scosse sismiche non ancora con considerate dalla commissione a distanza di due settimane dall’evento. Ci chiediamo quindi in che modo stia procedendo lo studio per la prevenzione geologica dei terremoti.

MA LA PROFESSORESSA D’ORSOGNA CI AVVISO’ – La docente americana aveva infatti parlato non solo dei danni provocati dall’idrogeno solforato (o acido solfidrico) che causa modificazioni di DNA, cancro e perdita istantanea di memoria oltre a danni permanenti ed immediati nel cervello, ma si era dilungata sul rischio sismico dovuto alle attività di estrazione di olio e gas: “In giro per il mondo ci sono zone non-sismiche che lo sono diventate dopo le estrazioni petrolifere. In Russia ad esempio, alcune scosse del grado 7.3 della scala Richter sono state direttamente attribuite alle trivelle per stessa ammissione dei petrolieri; In Indonesia un vulcano continua ad emettere fango grazie a perforazioni risalenti al 2004. Ci sono anche teorie secondo cui lo tsunami asiatico è stato amplificato dalle estrazioni di quasi 10 milioni di metri cubi di petrolio in Indonesia da parte della Exxon-Mobil”. Intanto la camera dei deputati ha approvato il Disegno di legge 1441, che sottrae alle Regioni e ai Comuni la valutazione di impatto ambientale in relazione alle concessioni di estrazione petrolifera.

La stessa Professoressa d’Orsogna ci spiega poi che il sottosegretario alle attività produttive del Governo Berlusconi, Stefano Saglia, è stato un grande proponitore delle attività di Fracking arrivando a dichiarare: “Lo shale gas potrebbe aprire nuove strade per l’approvvigionamento energetico in un momento particolarmente delicato a livello globale. L’Italia accoglie con favore l’avvio di approfondimenti a riguardo“.

I POZZI DI RE-INIEZIONE – Sono un altro pericolo legato alle trivellazioni. Ecco cosa scrisse la D’Orsogna sul Blog di Beppe Grillo qualche tempo fa:

Tutto il web parla del fracking in maniera più o meno scorretta. Cos’é questo fracking? In termini semplici, è una nuova tecnica con cui si manda nel terreno un cocktail di roba chimica ad alta pressione, si causano microterremoti con i quali la roccia porosa viene fratturata (da qui il nome “hydraulic fracturing”), il gas contenuto nei pori della roccia viene sprigionato e poi catturato per essere commercializzato. Ecco allora i micro terremoti collegati al fracking, che causa delle microscosse che, in generale, sono di intensità bassa. A volte restano gli interrogativi se sia la pratica del fracking in sé a scatenare terrmoti di intensità media – attorno al grado 2 – 3 o eccezionalmente anche 4 della scala Richter.

Quello che invece è più pericoloso è l’utilizzo di una miriade di pozzi cosiddetti di re-ineizione, pozzi dismessi in cui si iniettano i fluidi di scarto – la monnezza del fracking. Per ogni pozzo attivo vengono prodotti enormi quantità di monnezza fluida – tossica e radioattiva – e non si sa che farne. A volte i petrolieri costruiscono delle vasche a cielo aperto per metterci questa monnezza, i cosiddetti “waste pits”, altre volte invece usano pozzi sotterranei dismessi per il contenimento. Quando si usano pozzi dismessi di re-iniezione, il fluido di scarto viene tenuto ad alta pressione, ed è questo il vero problema: l’alta pressione dei pozzi, che spingono sulla roccia circostante, potenzialmente lubrificando e cambiando gli equilibri fra le faglie sismiche. Negli USA ci sono state diverse regioni colpite da sciami sismici in zone in cui si fa fracking – in Arkansas, in Ohio, in Oklahoma, in Texas, e così pure in Inghilterra, a Blackpool, dove a causa della sismicità indotta dal fracking c’è un ripensamento di questa tecnica. Si è trattato di terremoti dove non ce ne erano, e si è arrivati anche al grado 4.7 della scala Richter“.

IL DISASTRO ANNUNCIATO IN IRPINIA – In questi ultimi mesi il geologo Franco Ortolani sta informando i cittadini di quanto sta avvenendo nella faglia orogenetica più attiva e pericolosa di tutta la nazione, ma anche alle conseguenze importantissime che trivellazioni possano causare al territorio campano e avellinese.

La domanda è molto semplice: com’è possibile trivellare su una zona ad alto rischio sismico senza che gli scienziati lancino un allarme per quanto concerne le possibili conseguenze che queste trivellazioni possono avere sul territorio? Com’è possibile tacere dopo i precedenti che in Italia e all’estero abbiamo avuto? Il petrolio che si trova in Irpinia è inoltre di pessima qualità esattamente come il petrolio che si trova in tutta la penisola italiana. Da circa una decina d’anni le compagnie petrolifere si sono interessate al nostro paese per estrarre idrocarburi o gas. Si tratta in realtà di trivellazioni molto costose e anche poco redditizie. Per lavorare il petrolio che si trova nelle profondità della crosta terrestre italiana, occorrerebbero moltissimi fondi non tanto per la costruzione della trivella, per la quale si beneficia anche di ingenti finanziamenti, quanto per la raffinazione del petrolio ricco di zolfo. Lo zolfo contenuti in questo petrolio andrebbero inoltre a corrodere i tubi che costituiscono gli impianti di raffinazione. È impossibile infatti pensare che un petrolio di pessima qualità venga trasportato con un’impianto fino ad un luogo molto distante. Se infatti lo zolfo comincia a corrodere i tubi proprio nelle profondità terrestri il danno la contaminazione delle falde acquifere sarebbe irreparabile. Ecco perché il petrolio deve essere raffinato in loco.

IL PROFESSOR FRANCO ORTOLANI, geologo ordinario presso l’Università Federico II di Napoli, precisa che il 16 febbraio proprio la zona irpina interessata dalle trivellazioni è stata interessata da un evento sismico. Sia l’evento del 16 febbraio 2013, che quello dell’autunno 2012 e il terremoto del 1962 “sono da attribuire ad un sistema di faglie sismogenetiche antiappenniniche che sono una mia vecchia scoperta del 1974: la faglia Benevento-Buonalbergo ben evidente grazie agli elementi morfostrutturali e sedimentari che ha “impresso” sulla superficie. Verso l’estremità nordorientale si hanno anche le Bolle della Malvizza, risalite di fluidi profondi. Ubicando gli epicentri dell’autunno scorso e quello odierno si nota che si ubicano lungo l’allineamento SW-NE della zona di faglia BN-Buonalbergo che definii faglia crostale. Lungo la zona di faglia si hanno interferenze con altre strutture ad andamento appenninico che hanno scolpito l’assetto morfostrutturale dei Monti del Sannio”.

Il professore conclude precisando che di queste faglie non si conosce bene la geometria e per questo: “Le attuali leggi che regolamentano le attività petrolifere non sono idonee a garantire la sicurezza delle risorse idriche e dei cittadini nelle aree interessate da faglie attive sismogenetiche. Occorre una moderna legislazione che distingua queste ultime aree da quelle senza tettonica attiva ed imponga adeguate misure tese a migliorare la sicurezza ambientale. In attesa che ciò sia fatto ho proposto di sospendere le attività petrolifere nelle aree che sono già state epicentrali in passato dove nel sottosuolo vi sono faglie attive.”

IL MONITO DEGLI SCIENZIATI – Ma in Italia questi rischi non sono assolutamente calcolati. Oggi il professor Franco Ortolani cita un articolo comparso su un’importante rivista scientifica (Seismological Research Letters, Volume 84, n. 1 – Seismological Society of America). In questo articolo la comunità scientifica internazionale riconosce gli errori commessi dalla Commissione Grandi Rischi in occasione del terremoto aquilano del 2009. L’intenzione degli scienziati di rasserenare la popolazione, non solo non era di loro competenza, ma è stata interpretata come una “cessato allarme”.

In questo articolo quindi si precisa che l’unica competenza e l’unico dovere degli scienziati è quello di informare sulle rischio sismico soprattutto quando questo potrebbe mettere in serio pericolo l’incolumità dei cittadini.

È bene quindi che tutti gli italiani sappiano che in Irpinia si sta trivellando su una delle faglie più pericolose di tutto il territorio italiano. Tutto ciò avviene nel silenzio della stampa e del Governo che, invece di tutelare l’incolumità dei cittadini, proseguono nel rasserenare le persone.

In numero sempre maggiore esperti geologi ritengono che un terremoto possa o possa essere stato causato da fracking o trivellazioni e questi auspicano un coscienzioso interrogarsi civile e istituzionale sui rischi connessi alla ricerca e alla estrazione di idrocarburi, certamente preferibile alla puntuale selva di commenti polemici e senza ombra di base scientifica con cui, con superficialità, una minoranza rumorosa scettica a priori ha l’abitudine di liquidare legittimi dubbi ad ogni catastrofe, come in ultimo in occasione del terremoto emilian

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