Articoli Blog Prose — 20 Ottobre 2010

Tutti, sul caso Scazzi, si chiedono il perché Michele Misseri abbia confessato lo stupro. Che, ammesso che ci sia stato, poteva anche tacere. Io ho maturato una mia idea, che ancora non è emersa nei tanti dibattiti, e che gli inquirenti dovrebbero invece considerare.

Avetrana

Se la responsabilità dell’omicidio di Sara Scazzi dovesse ricadere sulle donne Misseri, la confessione di vilipendio di cadavere da parte del padre potrebbe avere un senso. Sarebbe la rivalsa contro la famiglia di un uomo succube . La sua vendetta, maturata dalla sicurezza della distanza. La volontà di sfregiarle, dichiarando a tutti la sua torbida passione. Una dichiarazione pubblica d’insano amore. Sembrerebbe dire: “Voi l’avete uccisa (o me l’avete fatta uccidere) per salvare l’onore della famiglia, ma io me ne fotto. E lo grido qui. Per invidia e gelosia me l’avete strappata perché io non l’avessi. Ma io l’ho avuta lo stesso. Pure da morta. Due volte”.
Gli unici destinatari di quella terribile ammissione erano le sue donne. Misseri si prendeva tutta la colpa, sì, ma loro dovevano saperlo, che non avevano concluso nulla. Dovevano pagare. Avevano solo spezzato un bocciolo di rosa, che gli faceva arrivare ancora ‘un fulmine al cuore’ (sua espressione per il telefonino). Quello che lui non sentiva più dacché le figlie erano cresciute (possibili gli abusi sessuali su di loro, tant’è che lui si sentiva  attratto dalla ragazzina, come fosse “terza figlia”) e in quella casa era considerato ormai soltanto, come si dice da quelle parti, “nu ciucciu ti fatìa” (una bestia da soma, per lavorare e basta).

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