Articoli Blog Prose — 01 Agosto 2012
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NOTA Questo scritto, nella versione pubblicata su CLIC Donne 2000 (senza il riferimento a Gasland, a Errani commissario, all’amministratore delegato della ERS e senza l’aggiunta finale), a partire dal 17 Luglio 2012 è stato inviato ai mass media, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Governo, a molti parlamentari, politici, sindaci interessati (quelli di cui ho reperito le email), amici, conoscenti e così via…Nella convinzione che se tutti i cittadini fossero vigili e attenti, invece di delegare e lasciar perdere sempre, forse questo mondo ballerebbe diversamente.

L’articolo oggi è presente in TERREMOTO TI SCRIVO un ponte tra di solidarietà da L’Aquila all’Emilia (La vita felice 2013)

TERREMOTO IN EMILIA-ROMAGNA: NATURALE O INDOTTO?

Testimonianza di una residente 
(con integrazioni e aggiunte rispetto alla pubblicazione su Clic Donne 2000 Luglio-Settembre 2012)
di Nadia Cavalera
Quella notte mi ero svegliata di soprassalto verso le 3 (mi succede quando sono molto tesa), ed ero in dormiveglia a pensare al testo da scrivere per l’attentato di Brindisi, quando sentii dei rumori sempre più intensi provenire dall’armadio (posizionato sulla parete che dà al cortile interno). Come se qualcuno vi rovistasse dentro. Come facevano spesso in passato le mie gatte gemelle. Ma loro non c’erano più da tanto e l’ultima gatta con noi, Lilli, dormiva vicino a me. Allora?
Saltai subito giù dal letto, chiamando mio marito: «Rosario, il terremoto, il terremoto». Prendemmo al volo le vestaglie e via giù per le scale dei quattro piani. Sì, non è una manovra saggia, è risaputo, ma eravamo impreparati e abbiamo reagito d’impulso. Erano le 4 e 4 minuti del 20 maggio.
Davanti al portone non c’era nessuno, poi, provenendo da San Francesco, è comparso un folto gruppo di ragazzi e ragazze che parlavano vivacemente ad alta voce.
«L’avete sentito?» li ho apostrofati io. «Sì, sì, e come! » risposero quasi in coro, mentre guadagnavano velocemente la piazza.
Avremmo voluto andarci anche noi, ma, sentendoci a disagio, in desabillées, ci trattenemmo vicino al portone e, appena rassicurati minimamente, risalimmo in casa, ci vestimmo, chiamammo Lilli scappata sui tetti e restia a  rientrare (al nostro richiamo aveva solo mostrato il capino dietro l’angolo del tetto, senza manifestare alcuna intenzione di scendere in terrazza), e poi di corsa in strada. A piazza Grande, nel frattempo, erano confluite molte altre persone, alcune con i cani al seguito (magari avessi potuto portarmi Lilli…). Chiacchiere varie per stemperare la preoccupazione, telefonate in entrata e uscita,  fino alle 5, circa, quando alla spicciolata cominciammo tutti a rientrare. In internet circolava già la notizia. Si parlava di magnitudo 5.9 (poi dal servizio geologico degli Stati Uniti  – l’Usgs – sarà corretta a 6.0) e dell’epicentro: San Felice sul Panaro. Per l’ipocentro prima si parlerà di 10,1 km di profondità, dopo si  rettificherà con 5, 1.
Ma ecco verso le 5, 35 la seconda scossa (3,3 di magnitudo), che inaugurò per le ore e i giorni a seguire una serie infinita (molte centinaia gli scossoni tellurici registrati) di abbandoni, rientri, dislocazioni in piazze varie e anche il temporaneo trasferimento nella vicina e disabitata casa di mio figlio maggiore, che, essendo al primo piano, ci sembrava garantisse una più rapida fuga.
        Ma quando speravamo che il fenomeno fosse finalmente rientrato (pesavano già tanto i 7 morti, i feriti, le distruzioni, i molti sfollati nella Bassa) ecco il 29 maggio, alle nove, un altro terremoto, terribile (si saprà d’intensità 5.8 e con epicentro tra Medolla, Mirandola e Finale Emilia), durato 40 secondi, durante i quali l’impressione era che tutto intorno dovesse crollare, da un momento all’altro. Si attendeva la catastrofe.
Questa volta io e mio marito lo vivemmo abbracciati nel vano di una porta, situata su un ampio muro portante, e per tutta la durata io ho urlato. Ho urlato a squarciagola come se volessi gareggiare in violenza col sisma, come se volessi coprire il suo sordo rumore di fondo, come se volessi domare quella bestia immonda che attentava alla nostra vita.
Potevano sembrare urla di paura, ma non era così. Lo capii solo dopo. Le mie erano innanzitutto urla di rabbia. Evidentemente in quegli attimi, seppure in forma ancora inconscia, avevo di colpo metabolizzato tutta una serie di informazioni raccolte scrupolosamente dopo la scossa del 20, e avevo maturato la mia scelta di campo: quell’evento non aveva un’origine naturale, ma umana, era legato alle attività del sito di stoccaggio del gas di Rivara, paesino sulla statale, tra Finale Emilia e San Felice sul Panaro, epicentro del primo sisma. Le mie urla erano contro chi, per puro tornaconto personale, passa sopra tutto e tutti, ignorando beni paesaggistici, architettonici, archeologici, realtà economiche fiorenti, in primis collettività numerose che andrebbero invece salvaguardate in toto. Contro chi rende la superficie terrestre una fetida gruviera, strafatta di pozzi (non a caso chiamati buchi da qualcuno…), che trema all’infinito e collassa in continue subsidenze (come dimenticare il Polesine?), lasciando intorno un inquinamento inverosimile anche radioattivo che compromette le forme di vita sicura per la nostra specie (un caso per tutti la Val D’Agri).
Quindi, nel contempo, le mie erano urla che battevano all’unisono con la Terra che, stuprata ad oltranza, in crisi epilettica costante, gridava rispetto. Quel rispetto che sempre Leonard Seeber, docente alla Columby University, e massimo esperto tra i sismologi, spera esercitino i petrolieri nei riguardi del nostro pianeta, oltre a rendere le loro operazioni del tutto trasparenti.
Ero arrivata a questa consapevolezza, incuriosita da una frase buttata lì con molto titubanza da una sfollata, durante un servizio televisivo, il 21 maggio: «Temiamo per quello che c’è sotto Rivara». Rivara… per me fino a quel giorno era solo una campagna NO GAS a cui, da convinta ambientalista, avevo aderito aprioristicamente (come al NO TAV), senza informarmi oltre.
Scoprii dunque la volontà della Società petrolifera Ers (Erg Rivara Storage) di realizzare in quel luogo, alla profondità di 2800 metri,  il più grande deposito di stoccaggio di gas acquifero d’Europa: 3,7 miliardi di metri cubi di metano per 19 pozzi d’estrazione; l’appoggio al progetto di Berlusconi (con un decreto ad  hoc) e del suo ex ministro e senatore modenese Carlo Giovanardi (sostenuto da Cisl, Confidustria, Assopiastrelle, Nomisma e poi dall’attuale Governo tecnico e pare in passato anche da quello di Prodi).
Ripercorsi la lunga battaglia oppositiva portata avanti dagli enti locali e dai comitati cittadini con il  no netto della Regione già a novembre 2011.
         E rilevai da sola, reperendo e confrontando mappe e piantine, la strana coincidenza dell’intensificarsi dell’attività sismica nei siti legati alla ricerca o coltivazione degli idrocarburi (petrolio e gas) in Italia e nel mondo, prima di riscontrare (sul sito “Lamont-Doherty Earth Observatory”, dipartimento di Scienze della Terra della prestigiosa Columbia University)  che la correlazione era nota sin dagli anni ’60 e documentata negli eventi sismici occorsi in Arkansas, Texas, Oklahoma, e nel Regno Unito. A ulteriore conferma lo studio commissionato dal gruppo francese Chamberger a dei geologi russi e realizzato in campi estrattivi dell’Asia centrale. Dove si sosterrebbe la nascita di terremoti anche del 6°-7° grado della scala Richter  in zone dell’Uzbekistan mai considerate a rischio sismico, e per fortuna spopolate. Ne parla in un video su youtube Maria Rita D’Orsogna, professore presso il dipartimento di matematica della California State University at Northridge, a Los Angeles, e da anni in prima linea nella difesa dell’ambiente, contro i petrolieri.
         Allibii poi per la sconcertante presenza in Emilia, secondo il Ministero delle Attività produttive, di ben «514 pozzi perforati, di cui 69 non produttivi e destinati ad “altro uso”» probabilmente per seppellirvi i liquidi tossici risultanti dalle trivellazioni, con o senza fracking. Ecco, in quei giorni frenetici seppi dell’esistenza soprattutto di questo sistema di perforazione chiamato fracking (hydraulic fracturing – fratturazione idraulica), nato nel 1947 e perfezionato nel 1949 dal gruppo Halliburton di Dick Cheney (l’ex presidente Usa), al fine di estrarre da rocce sedimentarie porose quell’1% di gas che conservano. In che modo? Per indurre le rocce a spaccarsi e rilasciare il gas contenuto, vengono iniettate più volte  sottoterra ad alta pressione quantità inverosimili di acqua, unitamente a sabbia e sostanze chimiche segrete (pare, radioattive e cancerogene). L’acqua dopo aver frantumato le rocce torna fuori  contaminata e viene messa in vasche a cielo aperto (dette waste pits) o reiniettata nei pozzi dismessi (profondi oltre 3 km) e mantenuta dentro, ad una pressione così alta da spingerla sulle rocce intorno sino a poter interferire sugli equilibri delle faglie sismiche. Risultato? Un disastro ambientale notevole, per le falde acquifere e i terreni inquinati; per i miasmi tossici diffusi; per il consumo stratosferico di un bene così prezioso e raro come l’acqua; per le sane attività produttive distrutte; per l’attività sismica innescata o friggerata come preferiscono dire gli esperti (per avere un’idea :  il video “Gasland” su youtube).
         Questa pratica, diffusissima nel mondo, in Europa è stata bannata ufficialmente in Francia (11 luglio 2011), in Bulgaria (20 gennaio 2012), in Germania (7 luglio 2012),  la Repubblica Ceca sta decidendo in merito e l’Inghilterra, che prima l’aveva salutata come rivoluzionaria, ora ci sta ripensando.
Negli USA, lo stato dell’Ohio, che ospita 177 di questi pozzi, ha recentemente dovuto regolamentare questa pratica perché ritenuta responsabile  di “una dozzina di terremoti”, in zona (la notizia è riportata dall’“Huffington Post” in un articolo del 9 maggio scorso); il New York State ha fissato una moratoria temporanea; solo il Vermont, per primo, di recente, l’ha vietata del tutto (16 maggio 2012).
In Italia nessuna società ammette di farvi ricorso, ma in Emilia la prof. D’Orsogna, se non è riuscita a trovare prove di fracking, crede però di avervi individuato tra i pozzi dismessi «almeno 7 di reiniezione (per lei i più pericolosi ndr): Angelina, Cavone, Cotomaggiore (2), Minerbio, Spilamberto. Di questi, tre sono molto vicini all’area dei terremoti – Mirandola, Spilamberto, Minerbio» (dal suo blog, altro pozzo, ma di preziose informazioni).
         Infine notai tutta una serie di avvenimenti, nei primi mesi del 2012, a dir poco, sorprendenti nella loro sequenza cronologica e possibile concatenazione logica. Ma tacqui fino al 31 maggio, quando, ormai convinta, sentii il dovere morale inderogabile di riportare sul mio blog, alla rinfusa, tutte le notizie che avevo trovato (e che qui di seguito proverò a riassumere) nella speranza  di essere d’aiuto a comprendere quanto stava succedendo. Non è un blog molto seguito, ma non potevo fare altro (ho provato a mandare email di sollecitazione ai mass media più diffusi, ma senza successo).
        A dare il via alla documentazione, l’indicazione di un articolo di Giovanni Tizian (“L’impianto gas? Sull’epicentro”) introdotto da un mio laconico post “Cosa c’è sotto Rivara?” che rilanciava la paura molto diffusa da cui mi ero mossa, ed era anche un’invocazione di aiuto con quella sua lapidaria conclusione: «Se saltiamo tutti in aria, non mollate, continuate le indagini». Relative a cosa? Ovviamente al possibile legame tra trivellazioni (con o senza fracking) e gli eventi sismici della nostra zona.
Allarmista? Catastrofista? No, in tutta onestà, solo realista.
A dimostrazione, riporto qui brevemente i fatti salienti, relativi all’argomento e degni per me di nota in questa prima metà dell’anno, ma lascio a voi poi ogni commento.
L’Emilia, in passato non considerata sismica (tranne il terremoto di Novellara -RE- del 1996), già a gennaio aveva registrato due forti scosse, mercoledì 25 e venerdì 27. Nel primo caso il centro del sisma, di magnitudo 4.9, era stato localizzato tra Brescello, Poviglio e Castelnovo Sotto, nel Reggiano; due giorni dopo, alle 15.53, un sisma di magnitudo 5.4 aveva avuto per epicentro l’Alto Appennino parmense, tra Corniglio, Berceto e Monchio delle Corti.
Nonostante questa ripresa sismica nella Regione, il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, il 17 febbraio, concede alla Società Ers il sospirato permesso di procedere a Rivara, frazione di San Felice sul Panaro (Mo) con altri studi di fattibilità, consistenti nella realizzazione di indagini sismiche tridimensionali, nella perforazione di tre pozzi esplorativi e in monitoraggi satellitari. In altre parole, autorizza trivellazioni con uso di cariche esplosive e pompaggio di acqua ad alta pressione, allo scopo di verificare la realizzabilità del maxi deposito all’interno della gigantesca cavità naturale nel sottosuolo di Rivara e comuni limitrofi.
È facile immaginare che la Società, che non aspettava altro, abbia subito avviato se non incrementato le sue attività (nessuno sa bene cosa avviene nel suo impianto e persino le ricette delle pappine che si usano per le trivellazioni sono top secret). Sul web si teme il ricorso al fracking. Ma la Ers lo ha smentito categoricamente in un comunicato.
Stop ulteriore dalla Regione che ad aprile formalizza il suo divieto.
Intanto, come se fosse un problema cogente, che potesse scoppiare da un momento all’altro (prevedibile e previsto), il Governo tecnico, presieduto dal Prof. Mario Monti, vara il decreto legge n.59/2012(sul riordino della Protezione Civile), in base al quale qualunque calamità naturale è interamente a carico del cittadino, e  per il quale si suggerisce l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi da esse derivanti.
Il provvedimento viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 17 maggio 2012 (verrà sospeso per l’evenienza in corso perché considerato – ma senza fondamento – scandalosamente sospetto).
Il 20 e 29 maggio il boom sismico in Emilia, che registrerà uno sciame strabiliante di centinaia e centinaia di scosse, e nel corso del quale (il 22 maggio, per l’esattezza, come riporta “Il Fatto quotidiano”) l’Erg Rivara Storage (Ers), ribadirà spudoratamente, di voler comunque, nonostante il sisma, portare avanti il progetto del deposito di gas. «Non sono un sismologo, ma abbiamo coinvolto i geologi dell’Università di Catania. La zona rimane a bassa sismicità» dichiarerà in particolare Grayson Nash, l’amministratore delegato di Ers, per aggiungere poi che l’evento del 20 maggio era «del tutto prevedibile ed inferiore alle previsioni nei nostri studi» (Gazzetta di Modena, 24 maggio). Vere e proprie provocazioni,
definite solo «inopportune» dall’assessore all’ambiente di San Felice, Massimo Bondioli.
31 maggio:  si rende noto che lo stato di emergenza è stato esteso alle Province di Reggio Emilia e Rovigo e che Vasco Errani, presidente della Regione Emilia-Romagna, è stato  nominato commissario per la ricostruzione e che diventano vice commissari tutti i sindaci dei comuni colpiti.
Mentre è tutto sotto controllo per la Società petrolifera, il ministro dell’Ambiente Clini, invece, travolto dall’evidenza, il primo giugno, ritira definitivamente il suo permesso alla Ers.
Ma per i tecnici tout court (si fa per dire, molte le incongruenze che sfoggiano), pressati, com’è facile immaginare, dai potenti petrolieri, bisogna proseguire sulla falsa idea di progresso in essi coincidente. Il resto è Medioevo. Lo disse espressamente, in un’occasione pubblica, l’ex ministro dello Sviluppo economico (ora richiamato da Corrado Passera, quale rappresentante del Ministero dello Sviluppo Economico per l’Afghanistan e l’Iraq) Paolo Romani: «Senza energia si torna al Medioevo» (Romani è lo stesso che firmò il decreto “ammazza rinnovabili”, togliendo gli incentivi per l’uso di energia sostenibile, tra l’indignazione comprensibile degli addetti al fotovoltaico).
 Ed ecco che nel decreto legge del 4 giugno, relativo al primo pacchetto sviluppo,  viene inserita una norma (passata sotto silenzio) per sbloccare gasdotti e rigassificatori, fermati dalle Regioni. Il governo è palesemente con i petrolieri. I buchi (come Romani chiamava le trivellazioni), anche per il governo Monti, evidentemente, vanno fatti dappertutto (a San Foca, nello Ionio, alle Tremiti, in Basilicata, nel Lazio, in Toscana ecc. ecc. ecc, per non parlare dell’Abruzzo…). Le proteste dei cittadini e degli enti locali sono all’ordine del giorno, riportate dalla stampa locale, ma totalmente ignorate dalla quella a grande diffusione.
Molti cominciano a temere che il ricorso alle mazzette di cui è stata accusata anche l’Eni per convincere i politici all’estero (ne parla “la Repubblica” in un articolo) possa diventare una pratica anche italiana (sempre che non lo sia già). Si delinea una frackingopoli? Ma per ora sono solo pure illazioni infondate.
Il 5 giugno finalmente la Procura di Modena (nella persona del Procuratore aggiunto Lucia Musti) sollecitata dall’opinione pubblica sempre più impaziente, avvia una verifica sull’impianto di Rivara. C’è o no l’uso del fracking? Quanto è stato fatto in quel sito può aver provocato il terremoto, come sostengono, per altre realtà nel mondo,  tanti studiosi di livello internazionale? No, anticipano in perfetto coro quelli locali, che indicono addirittura delle conferenze stampa per tranquillizzare la collettività. E il prof. Enzo Boschi, ordinario di Sismologia all’università di Bologna (raggiunto da Adnkronos) pontifica sulla nascita di una possibile nuova faglia; trova di particolare interesse che la magnitudo non sia andata oltre il  6.0 a conferma di quanto aveva sempre pensato «con un certo margine di confidenza», che cioè in Emilia «si possono generare terremoti al massimo di magnitudo 6 ma non oltre» e infine suggerisce di curare di più l’assetto urbanistico. Come a dire: i terremoti sono ormai inevitabili, potenziamo solo le strutture abitative.
Ma si direbbe che anche Dio è dalla parte dei petrolieri. E il 6 giugno, quasi a punire la “sfacciataggine” dell’azione della Procura, ecco un nuovo terremoto,  in mare questa volta , davanti a Ravenna (nel cui circondario è in costruzione un enorme deposito di gas), e vicino ad una piattaforma petrolifera. Pura casualità sostengono i più. Strani fuochi d’artificio, commenta qualcun altro. E il terrore si diffonde. Tanta parte della collettività vuole vederci chiaro.
Il 7 giugno il Movimento5stelle presenta al governatore Vasco Errani una formale richiesta per istituire una commissione speciale di ricerca e studio che “fornisca un’esatta conoscenza in merito alle attività estrattive o di reiniezione nel sottosuolo e l’eventualità di  ingenerare eventi sismici”.
Sul web e twitter si moltiplicano le richieste di trasparenza («non si può giocare con la vita delle persone» scrive qualcuno) e di tutela della sicurezza.
Ma un comunicato di Palazzo Chigi, l’8 giugno, butta benzina sul fuoco: si rende pubblico un rapporto della Commissione Grandi Rischi, in cui non si esclude l’eventualità di altre scosse, pari se non superiori (ma Boschi non aveva detto massimo fino a 6.0?) a quelle registrate e coinvolgenti realtà limitrofe. Come a dire: nessuno si senta al sicuro. Molti lo vivono come una minaccia. Panico generale. Sconcerto tra i sindaci e quello di Finale Emilia, di primo acchito, pensa di presentare una denuncia per procurato allarme.
Anche il governatore Vasco Errani si inquieta, ma cerca di smussare le tensioni: «Sono solo dati statistici. I terremoti non si possono prevedere». Quelli di madre natura (che procede molto lentamente), sostengono alcuni sul web, ma non quelli indotti. E in Italia i terremoti sono diventati troppi per non sollevare dei dubbi più che legittimi.
“Stampa libera” sul sito online ricorda che dall’inizio dell’anno fino al 20 maggio ben 632 sono stati i terremoti registrati e gli ultimi tutti in Nord Italia nelle zone vocate a Shale gas (gas di scisto) e interessate al fracking. Dal 20 maggio ad oggi il conto poi è aumentato vertiginosamente.
12 giugno: cambio di guardia nella direzione generale dell’INGV (Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Centro nazionale Terremoti). Chi non aveva dimenticato le rettifiche del servizio Geologico degli Stati Uniti (Usgs) alle loro comunicazioni circa il primo sisma, si aspetta un esperto. Viene nominato invece Massimo Gilardi, carabiniere di leva, laureato in Scienze motorie e in Sociologia politica, consigliere comunale Pdl a Chiari (Brescia), iscritto all’Albo dei promotori finanziari, già dirigente ministeriale al Miur. Su Twitter le battute si sprecano. La più balorda: «Il prof di ginnastica che diventa direttore dell’Ingv? In caso di terremoto sa correre via veloce»
Il 3 luglio la Ers, sentendosi spalleggiata dal Governo, rilancia e deposita il ricorso al Tar: vuole Rivara a tutti i costi, nonostante l’evidente incompatibilità del luogo con un impianto di stoccaggio. Il PD avvia una raccolta firme, di cui ad oggi non si sa ancora l’esito.
Il 4 luglio a Bologna, in Assemblea legislativa durante la discussione della risoluzione presentata  (il 7 giugno) dal consigliere regionale Movimento 5 Stelle, Giovanni Favia, viene resa nota una missiva spedita il 29 giugno dal governatore Vasco Errani al capo del Dipartimento nazionale di Protezione civile, Franco Gabrielli, e nella quale si chiede espressamente una Commissione d’inchiesta internazionale. «In merito al dibattito che si è sviluppato sulla Rete- scrive Errani- relativamente a possibili relazioni tra le attività di esplorazione finalizzata alla ricerca di campi di idrocarburi e l’aumento dell’attività sismica nell’area interessata a dette attività, chiedo di attivare la Commissione internazionale sulla previsione dei terremoti per la protezione civile».
Esultanza da parte di chi fino a quel giorno era stato bollato di complottista, allarmista e produttore di favole metropolitane.
Sembrerebbe in effetti una giusta conclusione, un primo avvio per un’Italia più pulita e ripulita dagli speculatori senza scrupoli. Sempre che, anche in questo caso, Roma non rappresenti il porto delle nebbie in cui tutto si offusca, s’insabbia e svanisce.
Spero invece che chi leggerà questi appunti trovi chiarezza e si regoli di conseguenza.
Intanto sul mio blog continuerò con la documentazione.
Per la quale mi si conceda una piccola aggiunta finale.
Il 27 luglio il Senato ha finalmente sbloccato i contributi promessi. «Ok in commissione al Senato all’emendamento sul contributo di 6 miliardi di euro per danni a case e imprese colpite dal terremoto» (Gazzetta di Modena, 28 luglio). Ma ad oggi persisteva un dilemma (già comunicato ai grillini e ad altri nei giorni scorsi). Anche la Ers, il cui impianto è sull’epicentro, avrà fatto richiesta e beneficierà dei contributi?
La risposta è arrivata oggi, 1 agosto, al Tg delle 14 di Teleradiocittà: «Agli impianti ERS, da un’ispezione fatta in passato, non sono stati rilevati danni».
NOTA
Questo scritto, nella versione  pubblicata su CLIC Donne 2000 (senza il riferimento a Gasland, a Errani commissario, all’amministratore delegato della ERS e senza l’aggiunta finale), a partire dal 17 Luglio 2012 è stato inviato ai mass media, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Governo, a molti parlamentari, politici, sindaci interessati (quelli di cui ho reperito le email), amici, conoscenti e così via…
Nella convinzione che se tutti i cittadini fossero vigili e attenti, invece di delegare e lasciar perdere sempre, forse questo mondo ballerebbe diversamente.

 

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