Blog — 20 Ottobre 1996

Nadia Cavalera

la {[(s)(pe}{cu)[(la]trice)]}

 

infine si era convinta: la prima in assoluto adottata poi trascurata se non abbandonata speculazione nazionale aveva preso le salenti mosse dalla sua terra natale dove fino a tutto il IV secolo avancristiano era stata accertata per la presenza di fonderie locali la produzione di esemplari in bronzo così raffinati (dai manici perfino istoriati) che risultavano perfetti nella superficie levigata ad assolvere la funzione in forma tonda poi quadrata di un raggio di curvatura pura molto ampio rispetto chiaramente alla lunghezza d’onda incidente
come il fatto fosse avvenuto non aveva per lei segreto alcuno: bastava guardare alla viciniora storia che non deficitava certo di materiale dal quale si evidenziava limpidamente che i primi esemplari erano stati importati da paesi lontani al di là del mare per mezzo dei più antichi colonizzatori certi precursori detti scopeatori noi diremmo osservatori non tanto nel senso plateale che osservavano quali prototipi dei guardoni ma in quanto permettevano di osservare un duplicato reale coi loro oggettini molto ricercati e carini messi poi in vendita regolare previa richiesta di mercato capillare tra il popolame locale
una volta qui approdati ed il fatto era comprovato da una serie di scorie depositate si era nel tempo manifestata una comune disfasia che contratta evidentemente nei singulti della lunga marina traversata e incubata nell’altrui constatazione per associazione che fossero dei morti di fame non avendo neanche un pecus di bestiame i vitelli in particolare dell’emblema locale portò a trasposizione sillabale ed addirittura letterale per cui gli scopeatori assimilati agli speculatori erano divenuti meglio noti come specolatori e speculatori che dir si voglia sempre comunque di specchi venditori anche se non passò molto che si sarebbero imposti perfino come produttori con le fonderie di cui sopra accennato quando il termine si era però già caricato di un altro significato pregnante anzi equipollente quale quello di coltivatori di speranza, inquantocché praticando la riflessione consentivano agli altri di osservare come già indicato e va ripetuto di meditare sullo specifico speculare speciale e programmare una messa a punto pel futuro cosa che evidenziava una sostanziale fiducia di base che veniva così apertamente incoraggiata per gli ultrasnaturalisti peccaminosamente esaltata comunque coltivata come il nome stesso visto da un ulteriore plesso cominciò ad indicare: spe(s)colatori: quasi nuovi fiori
gli specuniati venditori di specchi alias coltivatori di speranza erano assurti così per lei ad una categoria di tutto rispetto tanto più che dovevano vantare una remota ascendenza dato che prendeva nella sua mente sempre maggiore consistenza il sospetto che l’unica coppia scampata al diluvio universale dopo nove giorni d’arcata si fosse ritrovata proprio su quella terra assolata
e poiché trattavasi di Deucalione e Pirra cosiddetta la Rossa poiché si vergognava perennemente di essere stata la prescelta nonostante il grave precedente d’essere figlia di Pandora la donna in primora creata felice poi così disgraziata che certi tali l’avrebbero in seguito ripetutamente invitata ad andare nel luogo donde n’era venuta con una sollecitazione di grande fortuna che nobilitata dall’apocope per strada perduta sarebbe stato il suo soprannome per la vita: E-va: la desaparecida
ebbene stante questa premessa non era difficile pensare che nella emergenza di scappare a causa di Giove Pluvio disgustato dal genere umano troppo infiammato cosicché andava per questo innaffiato Pirra si sia dietro portato a testimoniare il passato per un amore filiale ostinato l’unica cosa che sua madre sventata le avesse fatto ereditare cioé quel vasetto ormai svuotato nel bene e nel male da presentare un fondo così lindo e dal tempo lucidato da costituire un primo specchio rudimentale: gran pezzo d’antiquariato artigianale da cui confortati nella tangibile apparenza partire a ricominciare tutto daccapo secondo lo spirito di lungimirante baldanza che in futuro si sarebbe detto speranza
l’idea peregrina era divenuta per lei definitiva dal momento che l’onfalico Parnaso presso il quale per la cronaca passata i due si sarebbero bloccati con gli scafi dell’arca incrinati dopo ricerche sudate era risultato la nominale investitura di fresca fattura per uno scoglio spoglio traente origine dalla deformazione con qualche innovazione e prevalente contrazione da sincope per il violento scossone di una esclamazione del buon Deucalione che visto da lontano una buia altura dopo tanta ammollatura confuso tra l’acqua pluviale ed il mare gridò commosso: “para-dosso” (:un modo raffinato ammetto poco ortodosso per chiamare la vecchia terra madre) per poi amaramente rettificare registratane nel botto la vera resistente natura con un: “para-masso” come a dire: “tra tanta morbida pianura paroparo un masso ci doveva capitare”
era stata quindi per lei completamente da confutare la dotta affascinante ipotesi largamente adottata e dai tedeschi suffragata di chi riteneva che Deucalione coerente e per taluni vanesio esteta di vecchia data fissato che le sorti del mondo potevano essere legate alle fattezze o dimensioni d’un naso avesse di fronte al cozzo di primo acchito esortato la moglie a difendere innanzi tutto il proprio naso: “para-il-naso” “para-il-naso” avrebbe detto affinché col brusco approdo non si fosse compromesso per caso il suo grande profilo estroflesso già allora molto reclamizzato e tanto più pregiato ora che avevano il compito di rinnovare il genere umano ad un livello più elevato del già presentato senza sospettare minimamente che l’avrebbero proprio precipitato
inoltre una determinante argomentazione a favore della propria posizione le era venuta dalle specchie sulla sua terra disseminate per ogni dove le quali senza tante carambole o giri di gambe in varie sambe erano limpidamente degli specchi le mamme, costituendo le primitive fonderie già nominate quelle per intenderci arieggiate diurne ché per i lavori notturni altrove si erano installati giustappunto dei furni sempre realizzati evidentemente ci poteva scommettere un dente col materiale di risulta ricavato dalla prosecuzione ad oltranza del lavoro bonificante varato da quella prima coppia in extremis salvata e che una volta in loco arrivata aveva avuto poco da fare se non contare sulla propria capacità reale di sopravvivenza nell’emergenza tant’è che a loro non era rimasto che esaudire il consiglio temico ricevuto prima di partire e cioè di buttarsi dietro le spalle l’ossame della Grande Madre che altro non era se non il ciottolame terroso onde poter coltivare e trarre gli elementi essenziali a figliando campare (: non si doveva infatti dimenticare che erano partiti sprovvisti anch’essi di bestiame: un errore madornale che non avrebbe ripetuto nel futuro il più gettonato navigatore solitario)
insomma tornando ai due si erano messi sicuramente a spietrare ed essendo in un primo momento risultata l’operazione ìmproduttiva poiché se davanti toglievano dietro depositavano (ma ci misero un bel pezzo prima di focalizzare ché Deucalione era un bonaccione avendo il padre Prometeo senza alcuna chiaroveggenza sprecato per gl’altri umani l’intelligenza) decisero di calibrare la bracciata retroattiva con un lancio tale da piazzare tutto il pietrame interessato su un posto particolare in stabile equilibrio per naturale incastro ad impiastro così da non farlo scivolare alla prima pioggia invernale
cotale quindi lei aveva classificato il primo ammasso ciottoloso fisiologicamente consacrato al posteriore uso speculare dal momento che rifletteva e misurava la capacità personale reale e che solo secondariamente avrebbe permesso ad altri di osservare lontano secondo il discorso già anticipato e per il quale in futuro lungo una tarda ma efficace rivendicazione verbale tesa a ripristinare una situazione iniziale per esempio il pavimento libero e netto tirato quindi a specchio si sarebbe detto nuovamente: “scopato”
tutte queste argomentazioni semplici lineari qualcuno avrebbe detto solari per capire come mai fosse nata proprio a lei la vocazione di speculatrice che da un commercio nato in ristrettezza dalla gavetta più netta avrebbe finito per assumere proporzioni eccezionali con varie filiali internazionali senza riuscire peraltro a distoglierla dal fare l’ambulante anche quando la propria città era così piena di rifrangenti che facilmente le poteva succedere un accidenti: c’era solo da attendere gli eventi e tanta più strana era risultata la voglia speculare dato il precedente possente che non aveva avuto mai dimestichezza alcuna con quelle superfici riflettenti poiché le suore a cui la sua educazione era stata affidata (era uscita da poco dal suo educandato) le avevano sempre sconsigliato di dare ad esse alcunché di confidenza per via d’una certa interna fissa permanenza del diavolo malevolo che dal Paradiso sfrattato l’aveva scelto come alloggio provvisorio in attesa forse di un qualche trasloco mai avvenuto come era stato da più parti convenuto essendo troppo sprovveduto e lei pensando a quel cornuto che già quando era in attesa della sua casa speculare s’arrangiava in condizioni similari (in semplice materiale acquoso) era stato capace d’ammazzare trascinandolo seco quel povero Narciso così narcato dal suo stesso viso da morire ucciso e così lei aveva sempre ubbidito e quindi bandito il suo uso regolare fino a quella occasione banale per cui ebbe la possessione d’un esemplare tale che la figura ci entrava tutta al naturale in una dimensione così completa che innanzi tutto la spaventò oltre ogni dire costringendola a spasmi da svenire ogni volta che gli passava accanto non ogni tanto purtroppo ma spesso visto che l’unico posto dove poteva stare era tra due porte secondarie nel corridoio però principale da cui per forza doveva passare e lei pure che volesse volare ci andava ugualmente ad incocciare inquantocché lo specchio sorteggiato ad un concorso pubblicitario era ad altezza domiciliare dal pavimento rasente al tetto col tempo comunque era iniziato il corteggiamento sebbene lento dietro un angolo di fronte da cui gradualmente in una sorta di spogliarello figurale lei si era offerta pezzo pezzo a farsi riportare sino a che lo scoprimento fu completo e talmente sorprendente che di colpo l’anginò a lungo prostrò ma poi lei recuperò col pensiero luminoso che il fenomeno della non corrispondenza tra la propria nascosta idea e l’oscena esterna parvenza d’un omuncolo foruncoloso d’immediato ricovero estetico bisognoso poteva essere generale: stava qui il male per il quale dall’oro antico al ferro vecchio arrugginito di pari passo al declino della speculazione di qualità nessuno era veramente progredito mentre ognuno invece s’era abbruttito seppure perfettamente convertito per specchi inquinati da amplessi con bassi interessi d’essere un divo: novello giulivo mito
ma non ci si doveva comunque scoraggiare: bisognava soltanto ripristinare od incrementare la speculazione di prima luce al fine di aiutare ad individuare le parti su cui intervenire col necessario estetico ritocco dal viso a tutto il corpo e che non andava negato neppure ad un morto onde evitare per un tardivo disgusto di coprire gli specchi alle veglie funerarie
sapeva lei cosa fare: senza oltre indugiare in attesa di contattare vecchi artigiani ormai in estinzione che lavoravano con amore decise di sacrificare il suo grande modello stranamente efficiente che ridotto subito in molteplici esemplari da lei stessa curati nelle rifiniture con cornici fantasiose strane allettanti ma d’effetto: (per cui assicurata fu la vendita immediata) diede via al commercio anzídetto poi sorretto dalla genuina convinzione di recuperare e innovare una tradizione locale che ancorché non ci fosse stata se la sarebbe comunque lei inventata
era infatti un’ostinata che quando programmava non s’arrestava davanti all’impedimento così facilmente fosse pure il maltempo tant’è che ci fosse la pioggia neve o semplice vento lei era sempre lì al suo appostamento presso i bar i cinema i teatri i ristoranti a vendere i suoi prodotti ai passanti persino quel giorno del più terrificante temporale a memoria umana stanziale: quasi un ennesimo banale diluvio universale quando la cesta multicolorata fiorita di catarifrangenti per le folgori splendenti divenne di colpo un micidiale catalizzatore contro di lei orientato per una scatenata saetta scostumata che la passò da parte a parte lasciandola per sempre a boccaperta anche allorquando tentarono invano di chiudergliela con una fascia dal mento alla testa a nodo fioccoso forte forte stretta (in ulteriore disdetta) 

da Brogliasso (1996)

 

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