Blog — 07 Novembre 2024

Inediti: lettera inviata da Gianni Toti a Nadia Cavalera datata 25 aprile 1992

Carissima Nadiantesca Cavalerighieri,

stanotte alta ho finito di leggere “Vita Nova-issima” (senza il “la” che ci andava, però: “La vita Novissima” ma

dov’è piana la lettera
non fare alcuna glosa

JacoBbone da Toti…

Però sei in anticipo. Nel 1995 sarebbe dovuto uscire la tua Novissima per un bel settecentenario e per “piacere a colui che ch’ee sire de la cortesia” e dell’intelligenza nova che…
Insomma,

mi sono goduto i gaudibilia, e “dunque d’amore e di fede il nostro core avvampa” per la miscelingua e l’empirimentazione “novissima” che forse però … perché “novissima”? sono programmi da understatements, questi, da sottosurrare o, almeno, da smorzar d’ironia – no?

Tant’è, a ogni clausola finale di pagina, a ogni esplosione del tuo contraddizionario, corridevo (con te) di gusto. Gridavo perfino: evviva il postmodernariato dialettinguistico! Viva il sanguinetamento, anzi il dissanguinetismo! o la neotistilnovazione, l’amaro stil novistissimo! Il stilinguore!

Certo, io avrei preferito che tu ti fossi dissanguinetizzata – con tutta la stima grandissima che ho per il rinsanguinetismo letteratissimo che il buon Edo ha portato nella nostra esanguinetisica letteratura. Ma ognuno sa i fatti suoi – e chi son io per?

Prima pagina del dattiloscritto della lettera di Gianni Toti

Certo, ancora, avrei, preferito capire meglio tutti i lemmémi e i gerghémi e i mémi e le inventure, non fermarmi alla “natica d’una nuvola in desabillée”

e non “in pantaloni” maiakovschiumosi (per il qual spantalonamento molt’ho gioìto). La strepitosa ipercubico tuo big bang, o “gran botto, linguorrorròico, e trascinante in godurie di “esecuzioni” lallazionali iperfonemantiche teatrocemente ricantate e rismusicate, tiè!

Certo, io non ho capito molto, e probabil-

mente non dovevo neanche, nell’ordito di questa irromanzesca numeromanzata ananazzazione con la Lulù del Wedekindergarten irriconnotata ma tu sai, potenza dei nomi (…Buffalo, e il nome agi…), io sono sempre alla ricerca della legittimazione linguistìtica sia pure del gerghese sarcasticizzato e riconvalutato con tanta disinvolturatura. Esploratore (o imploratore?) qual sono di coerenze dell’incoerenza, di sistemi dei controsistemi, di logìe delle idee e di rispondenze antifrastiche, non mi ci ritrovo facilmente quando mi ci smarrisco, nella selva piucchesselvaggia in cui sento parlare ma non so chi parla e chi è parlato, o chi è che non parla e non si lascia parlare fuor dell’immediato riconoscimento autorale, il solo che giustifichi l’abbassamento programmatico del sottoparlato e l’innalzamento palinsestuale del citazionismo plurilinguistico misticantato, (di quanti pound(s)?). Presto mi abbandona a tradimento il gusto per la sorpresa dell’insenso plussenso, e mi spavento: oddio tuo! La lingua non accade più? Che cosa le succede? “…s’incaglia, si sfaglia repentaglia la sana taglia alla collettiva anestesia(glia) …?

Certo però che è gradevole la

tua anestesizzazione: dopo una trentina di lacerti “senza connessioni attendibili” come dicono i disdizionari, non si sente più dolore. Non si sta meglio – non si sta. Non ci si sente addentati più alla lingua nella buca della bucca con il beccus che.

Smet-
to con il troppo facile riattacco –

“certo che”, e
incerto

come sono, oserei chiederti se tu la denunci, questa “collettiva anestesia” della linguetteratura, oppur no? Niente sociologia semantema(n)tica? Bene. Lord Chandos aveva già detto tutto, le postreme avanguardie erano e saranno ritardigrade ormai.

Però,

io dove lo cerco, il “faugnu”? Non sono riuscito a pornunciarmelo, nonostante questo mio pornottamento collinguistico con te, “novissima viva”. Troppo privata, questa “vita novissima”? Troppo chiusi, questi capitoli irricapitolabili, non-storie di una Non-Storia? Ad impossibilia  omnes tenentur…

Però,

questo soggetto, o questi soggetti periferiali del de-racconto, così coltamente analfabetizzantisi, o così marginalisticamente riculturati in ogni renonsense, chi sono? Così riluttanti a un, sia pur quantistico, riposizionamento o rivelocizzazione, sono irriluttantettuali? Boomerangano e blitkrieggano con tale agilità saltando persino dentro l’a storia di enrichi e di papi. Che io non mi raccapezzolo…

Oh, carissima Cavalerdighiera,

tu stuti e ristuti, spegnaccendi e scamorzi, saltimbancandoci tutti, scaracollando in questo tuo hard-punkereccio, in questo idioletto aspirante ad assoluti troppo pelvicaci per me. Con tutte quelle kappa, poi, che neanche nel protoitaliano e neanche Kossiga e tutti i sessantottentotti, per non parlare di Kornakula detto Kavka…(ka spakki a muddekule lu kore…ma come si pronunciano le kappa, io muddecule e muddekule le pronuncio allo stesso modo, non così cicero, se invece del suo cece bleso, riconosco nel c latino il k di Cambridge-Osford: là tutti dicono kìkero kikerònis, e anche laudeamus ighitur…insomma, povero Johannes Totìus, non ce la sfango…) Eppure col mio latotinorum dovrei “aliqua in re non solum pubblicas ulcisci”…et tandem laeti sociorum ulciscimur umbras…Come cavarmela dunque con te che oltretutto “non sodomizzi (osadomizzi?) le tigelle fotti solo cotto dentro un gran rogoch’evoco e vogo…no, non “mi pare poco…”

(((rileggendo così,

e solfeggiando i tuoi numeri – e ne hai, di numeri, tu! – mi si accentua all’orecchio l’aspetto “teatronico” della tua disdizione: veramente, se ne potrebbe trarre una sinesteatronìa godibilissima (con gaudibilia che finiscano in gozzoviglia) e senza fine, ininfinibile. Sì, perché la tua diluvie come la mia totiritera translinguistica, così linguida e metalogologica (file dopo file), non si presenta come esauribile, almeno strutturalmente (anche la decostruzione è una decostruttura, vero?).

La disperazione linguistica, la tragedia dell’incomunismabilità umana, qui si esalta “alla grande”, epica con la mente…

Gianni Toti

E tutta-

via, todavia, mi senora de este exquisito ballettario, questo tipo di esperimentazione -empirimentazione che si autoimplementa appare come inverificabile, senza un sistema di coerenze interne, ciossarebbe da “lingua speciale” in ogni paginetta, Un esempio, se tu osi cunt, pour aller avec tes jambes, e il lettore non ne sa neanche della cunnilinctio, non sarebbe poi un problema se il cunt de li cunt, in fin dei cunt, tornasse con un uso circolare dei linguémi cunnipenianiméntuli pedicantia et irrumanentia etceterrantia, che si faccia capir da solo per il gioco speculare dei rimandi e delle coerenze exinterne. Così per l’incongruo latinorum, e le altre intermissioni linguistiche che disorientano ancora sull’ineluttabile soggettività autorale dei troppi discorsi – anche se è voluta, anche se è un fine (che non può non essere fatticcio…).

Io apprezzo le distorsioni grammatosemantiche, si capisce, e persino, se pure obtorto collo, le titolazioni della Irigaray (“j’aime à toi”, invece di “je t’aime”), ma solo obtorto collo; così come quando anch’io mi domando “ma dov’è il legame a noi?, invece de “il legame con, noi”) perché la distorsione appare una volta invece, come le inversioni per Diderot, devono ricorrere per legittimarsi in qualche modo, altrimenti sono diderotture…

Altri-

menti, con altre menti, si resta ai “gesti” (alla metaduchampagnonesca, per intenderci, compagnia decantando) che sono stati già fatti, e la coazione a ripetere “i gesti”, può essere pericolosa; è vero che nel postmoderato posterno, oggi, è anche troppo consentito andirivenire su e giù per la storia letteraria.

Comunque io non capisco, non ti capisco tutta, anche perché tu, “la dichiarazione di poetonarratica” non l’hai né premessa né postmessinscena, e gli intenti sono celati nel testo, e non so se troppo bene o mal celati, chissà? Chissà? Tu sai…

Nadia Cavalera

E perché non mi dici, o

tu che sai chi hai messo-in-scena? Rumbando, rombando, e rimbombando, sfondando l’immonda fonda fionda che non affonfa…in questa bell’onda musicale – o da musicare…Sono belli, i balli tuoi linguisterici, le farnesìe, le fonesìe, le allergìe, le fallalgìe e le fallopsofìe…Ma quanto possono durare sulla pagina? E per quante pagine? Meglio frenulare, sì, e però il “frenulo”, il frénulum lubricum, qui come “frénula”? Il latino è medievale, ma la plica mucoso-cutanea che congiunge due organi o due parti di uno stesso organo” più propriamente ancora è la ripiegatura cutanea che tiene unito il prepuzio alla base di Sua Glandezza “(e, del resto, anche la clitoride è dotata di un frénulo…). Sì, la kulumboficosa, la rosa radiosa, la spol’odoros’odorat’adorata mai troppo leccata assaitata (? Assetata? perché non affamata, anche se poi si sfama di ramo in ramo…), anche? curiosità maschulinale) di pene lene ((lenis, risalente alla radice LE di lassus, dunque stanco (o leso anche, da laedere…?)) … mi ricorda qualcosa ma perché assaitata di pene lasso o leso, comunque stanco? Se non mi raccapezzo, è sicuramente colpa del mio capitium, “apertura superiore della tunica” o anche del mio caput, ma ti sfrugùlio per “romperti” un po’ (se pur fra amicitollerabil sia – sì? sì? sì!) bensì o malsì per provocarti a una explicatio, fuor dalle pliche, magari frenulòidi, della mia confusione (prova dell’affetto forte, positivamente registrato della vera e propria provocatio litteraria -bada bene, non dimenticare mai questo, e lo spirito di queste cartelle epistolari affettuosissime – ho solo paura del tuo caratteraccio: insomma io vorrei capire di più e superare il godimento letteratissimo che tu proponi. Proprio perché tutto è dicibile, è vero anche che niente è dicibile – ma allora? La “Rheinische Zeitung” del mio amatissimo filosofo di Trier, comunque, provoca me: come ci arriva, la “vita novissima” alla marxoneria nostra? Al “radicalismo” di qual marxupio? Altro che “radicalismo”! Si può svelare-ri-velare, occultare cioè l’accenno al mio (e tuo-no?) buon Karlchen? Perché? Cinismo linguistìco? Incomunismabilità finale? Critica ipernichilistica dell’irragion social-ri-evoluzionaria? Ma no, ma no, è questo giannitotilitario che non capisce niente, che si turba ancora alla “prassi antisintassi”, alla supersintassi ciò è che invano subsintattizza, tutto regolare alla fine…ahi come mi calano le cosce mosce, i miasmi fantasmi maschili spasmi – oh che squisite, le spasmodie cavaleresche!!! Chi ti ha mai letto più attentamente di me – per che? Non per la cultura indiananaleche di repente sbuca fuori, vedi i veda, i videoveda o cara calokalìa! kalofilokalìa etceterrendomi da solo. Ma come farò a capire se tu non mi aiuti magari ovviando (ob viam) che non c’è niente da capire, solo da sentire, assaporar la lingua proprio nella sua versione fatalmente cyberpunkeggiante però, lo si voglia o noglia. A volte mi era persino sembrato che si potessero accettare i refusi, come facevano i “futuriani”, e dunque anche “facilmanete” a pag. 89, non per facilmente, ma per facil(ri)manete etc. Il procedimento formale era surreal-dada-futurianista, ma qui? Buscamos el levante por el ponente, o el ponente por el levante? Oh oh, le maniacal manicosmial follerìe totisteriche anch’esse!

Dovrei concludere al fin, e lasciarti alla pace tua “novissima vita”, forse non solo letterariamente. O forse no. Vorrei abbracciarti; sbracciarmici, ad abbracciarti, Appresso questa vana immaginazione, avvenne un die che, sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentì cominciare un terremoto nel core, così come io fossi stato presente a questa donna (mentre scriveva “Novissima Vita”) e “allora dico che giunse una immaginazione d’Amore del suo fedele…e chi volesse sottilmente considerare, propuosi io di riscrivere…” e ti ci, e ti ci (ri-conosci?).

Ultima pagina del dattiloscritto della lettera di Gianni Toti

Carissima Nadia,

tutto sommato, volevo solo

ringraziarti per il piacer letterario inisquisibile di più che mi hai procurato, anche proponendomi così, surrettotiziamente, una serie ininfinibile di quaestiones (cui ti prego di rispondere alcun che!)

E’ vero che tu irrispondi piuttosto, e non vuoi combatter meco ‘sta battaglia d’idee e logìe, non con le metodulazioni totilmente preferibili (o feribili soltanto?). Brava! Sei una scrittrice! Detto questo dal pulpitotico, il consiglio di dissanguinetizzarti credo sarebbe apprezzato prima che da ogni altro, dal nostro edoardo. Ma poi bisognerebbe anche farti guardare dalle suggestioni hard-punk-cyber che ti possono contaminar   quasi inconsciamente di virus (rotacismo di visos = veleno) manicosmiacale.

In-

fine: grazie per il transteatralromanzo in trasparenza che mi hai fatto leggere stimolandomi a quest’analisi (bananalyse, forse) divertita, provocata e provocatotia in questa “notte che fotte e sfotte erutta e rulla”. Se posso azzardare un’ultima beccata: punta adesso sul suono della lingua consaputo e teatrificabile così come sull’ipotetico romanzo che è, appunto, sotteso da tutta la parlerìa postpasoliniana e metasanguinettistica. Coraggio!

E rispondi alle lettere, se non alle letterature del tuo amico

Johannes de Silentio (tuo)

Gianni Toti

Share

About Author

Nadia Cavalera

(0) Readers Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *