Blog — 07 Settembre 2007
L’arrivo al Duomo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Palazzo Bentivoglio, MODENA, 7 settembre 2007
Scortato da quattro motociclisti una volante e le macchine dei parenti stretti, partendo dalla recente villa con finestre verde speranza, a Santa Maria di Mugnano, ha attraversato la nuova Estense, via Morane, Via Carlo Sigonio, quindi corso Canalchiaro. Qui un breve rallentamento davanti al portone n.62 della sua abitazione in città, lo sbocco infine in piazza Grande. Dove ad attendere da ore il feretro di Luciano Pavarotti una folla sempre più numerosa tenuta in disposizione circolare, dietro le transenne, a grande distanza, di sicurezza, certo, ma anche si sarebbe detto per tenere libera la scena e non soffocare l’ultima uscita, comparsa muta, del grande tenore.
Lì sulla Porta Regia, in una bara bianca. La sostengono otto persone, con una guida, ma soprattutto un lungo ed intenso abbraccio di applausi. Di concittadini per lo più (al di là del nutrito gruppo di giornalisti, posizionati all’interno nei pressi dell’ingresso sud) ansiosi di offrire l’ultimo saluto ad uno della loro terra che ha saputo imporsi all’affetto del mondo.
Se ne va con Luciano Pavarotti l’energia di una grande voce, libera, non addomesticata alla rigide regole degli esperti pedanti, e che riusciva a trasfondere a tutti quell’entusiasmo alla vita che lo aveva sempre caratterizzato, sin dagli esordi. Ma anche il piglio di uno straordinario manager di se stesso, della propria immagine. Con risultati planetari. Di cui non c’è che compiacersi.
E ieri infatti tra la folla che, partendo dalla Porta dei Principi, sfilava davanti a lui fedele a se stesso, col suo immancabile foulard bianco tra le dita, non c’era dolore (questo è per gli intimi), ma solo ricordi personali, semplici, e giusto un rammarico quasi gioioso nel testimoniare con la presenza la propria ammirazione e partecipazione all’ultimo atto d’una vita, che se finisce per tutti, per lui almeno è stata esemplare: non lunghissima, ma vissuta soprattutto tra onori, iniziative umanitarie, soddisfazioni, riconoscimenti e tanti affetti privati.
Addio al big Luciano, l’artista che, per sua ammissione, è riuscito a fare pari e patta con Dio.
Scortato da quattro motociclisti una volante e le macchine dei parenti stretti, partendo dalla recente villa con finestre verde speranza, a Santa Maria di Mugnano, ha attraversato la nuova Estense, via Morane, Via Carlo Sigonio, quindi corso Canalchiaro. Qui un breve rallentamento davanti al portone n.62 della sua abitazione in città, lo sbocco infine in piazza Grande. Dove ad attendere da ore il feretro di Luciano Pavarotti una folla sempre più numerosa tenuta in disposizione circolare, dietro le transenne, a grande distanza, di sicurezza, certo, ma anche si sarebbe detto per tenere libera la scena e non soffocare l’ultima uscita, comparsa muta, del grande tenore.
Lì sulla Porta Regia, in una bara bianca. La sostengono otto persone, con una guida, ma soprattutto un lungo ed intenso abbraccio di applausi. Di concittadini per lo più (al di là del nutrito gruppo di giornalisti, posizionati all’interno nei pressi dell’ingresso sud) ansiosi di offrire l’ultimo saluto ad uno della loro terra che ha saputo imporsi all’affetto del mondo.
Se ne va con Luciano Pavarotti l’energia di una grande voce, libera, non addomesticata alla rigide regole degli esperti pedanti, e che riusciva a trasfondere a tutti quell’entusiasmo alla vita che lo aveva sempre caratterizzato, sin dagli esordi. Ma anche il piglio di uno straordinario manager di se stesso, della propria immagine. Con risultati planetari. Di cui non c’è che compiacersi.
E ieri infatti tra la folla che, partendo dalla Porta dei Principi, sfilava davanti a lui fedele a se stesso, col suo immancabile foulard bianco tra le dita, non c’era dolore (questo è per gli intimi), ma solo ricordi personali, semplici, e giusto un rammarico quasi gioioso nel testimoniare con la presenza la propria ammirazione e partecipazione all’ultimo atto d’una vita, che se finisce per tutti, per lui almeno è stata esemplare: non lunghissima, ma vissuta soprattutto tra onori, iniziative umanitarie, soddisfazioni, riconoscimenti e tanti affetti privati.
Addio al big Luciano, l’artista che, per sua ammissione, è riuscito a fare pari e patta con Dio.
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